Il sarcoide può essere definito come un tumore non metastatico della cute di origine fibroblastica, particolarmente frequente nei cavalli, nei muli e negli asini che, pur non rappresentando un pericolo per la vita dell’animale, a seconda della sua localizzazione è responsabile di danni estetici e funzionali che compromettono l’uso e ne diminuiscono il valore di mercato.
Attualmente, nessun trattamento utilizzato è universalmente in grado di rimuovere radicalmente e con sicurezza il sarcoide: infatti, in seguito alla terapia è frequente la recidiva o la crescita di un nuovo tumore nei tessuti vicini con un’aggressività maggiore della forma originaria. La prognosi, così come la scelta e la risposta alla terapia, varia in base alle dimensioni, al numero, alla localizzazione e al tipo istologico del tumore.
Nonostante molti Autori non riconoscano al sarcoide equino un’entità patologica propria e dubitino della sua natura neoplastica, non distinguendolo da altre forme proliferative del tessuto connettivo, appare invece indispensabile considerarlo come una vera e propria neoplasia cutanea, in virtù delle sue caratteristiche e delle conseguenze che determina. Particolare attenzione deve essere posta alle neoplasie di tipo verrucoso o piatto per la facilità con cui queste lesioni si trasformano in forme più attive. La scelta del protocollo terapeutico da adottare deve essere posta in relazione sia con la gravità della neoformazione, con la sua forma e localizzazione, che con le caratteristiche individuali del paziente (età, uso, attitudini, valore dell’animale ecc.).
E’ tuttavia difficile proporre uno schema terapeutico preciso per ogni forma della neoplasia con una prognosi certa nei riguardi delle recidive. La terapia chirurgica è indicata in tutte le forme isolate non complicate soprattutto quando la localizzazione permette una dissezione ad ampi margini. La chemioterapia intralesionale si è dimostrata di semplice esecuzione, sicura ed efficace ed ha rappresentato una buona opzione terapeutica in tutte le forme sessili di piccole dimensioni, soprattutto, in quelle perioculari. Infatti, nelle neoplasie di grossa dimensioni è praticamente impossibile somministrare il dosaggio esatto del farmaco perché la diluizione del Cisplatino è bassa per le garantire l’efficacia della terapia. Anche l’utilizzo di alcune pomate si è dimostrato efficace soprattutto in quei casi nei quali la lesione è apparsa poco diffusa e di dimensioni non accentuate. E’ infatti evidente la difficoltà di penetrazione della pomata in grandi masse neoformate, spesso ulcerate o complicate da germi di irruzione secondaria o ancora cheratinizzate. I sarcoidi equini rispondono efficacemente all’elettrochemioterapia, secondo un gruppo di ricerca che ha pubblicato alcuni studi su questa modalità terapeutica in medicina veterinaria negli ultimi anni. L’elettrochemioterapia (ECT) si basa sull’associazione tra la somministrazione locale o sistemica di un agente chemioterapico come la bleomicina e il cisplatino e l’applicazione diretta di impulsi elettrici ai tumori cutanei. L’applicazione diretta dell’impulso elettrico al tumore induce una riorganizzazione delle membrane plasmatiche cellulari rendendole più permeabili ai chemioterapici. Gli studi clinici in oncologia veterinaria hanno mostrato l’efficacia dell’elettrochemioterapia nel trattamento dei tumori cutanei e sottocutanei di diversa natura istologica nel cane, nel gatto e nel cavallo. Questi studi hanno inoltre indicato una risposta oggettiva di lunga durata nell’80% circa dei tumori trattati. Nel cavallo, gli autori hanno trattato i sarcoidi somministrando cisplatino direttamente nella neoplasia ed applicando successivamente gli impulsi elettrici. È stata ottenuta una risposta pari al 100% nei tumori di piccole dimensioni (meno di 5 cm) e del 98% nei tumori di tutte le altre dimensioni, con una durata della risposta superiore a 24 mesi. Il protocollo è stato utilizzato con risultati positivi anche come terapia adiuvante pre o post chirurgica per i tumori di grosse dimensioni. Ulteriori studi clinici prospettici randomizzati controllati sono tuttavia necessari per confermare gli incoraggianti risultati.